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ASPETTI PRINCIPALI DI Q0ESTA SCIENZA 231
idea di giustizia. Primieramente Grozio, il quale, per lo stesso grand’affetto che porta alla verità, prescinde dalla Provvedeuza divina e professa che ’1 suo sistema regga, precisa anco ogni cognizione di Dio 1; onde tutte le riprensioni ch’in un gran numero di materie fa contro i giureconsulti romani 2 loro non appartengono punto, siccome a quelli i quali, avendone posto per principio la Provvedenza divina, intesero ragionare del diritto naturai delle genti, non già di quello de’ filosofi e de’ morali teologi 3. Dipoi il Seldeno la suppone *, senza punto avvertire all’inospitalità de’ primi
’ De iure bel. et pàc, Proleg., § 11: «Hcbc quidem quce iam diximus locum aliquem haberent etiamsi darenius.... non esse Deum, aut non curari ab eo negotìa humanay. I puntini sospensivi nel brano ora trascritto si riferiscono a un inciso, che ne muta completamente l’interpetrazione ateistica datane dal V., e cioè: ^quod sine summo scelere dari nequìt». Circa le ragioni che indussero il V. (anima troppo candida da saper citare in mala fede) a non tener conto di siffatto inciso, e anzi a scordarsi, o meglio a non dare alcuna importanza al fatto che il Grozio includa «esplicitamente fra i suoi tre principii fondamentali, accanto alla religione e alla socialità, la volontà divina», cfr. Croce, op. cit., pp. 93-4.
2 II V. allude specialmente al § 55 dei Proleg. in cui il Grozio, pieno per altro di defei-enza verso gli antichi giureconsulti romani, osserva: a) che essi talora confondono ius naturale e ius gentium; b) che tal altra chiamano ius gentium quel diritto che invece d’essere comune a tutti i popoli e fondato su d’una specie di tacita convenzione tra le nazioni, è particolare ad alcune o per reciproca imitazione o perchè ricevuto a caso; e) che trattando di materie appartenenti al ius gentium, vi mescolano disposizioni di puro diritto romano, come, p. e., nel caso del ius postliminii (cfr. anche lih. Ili, e. 9). — Con parole molto più severe, in SN^, I, 5, il V. aveva detto: 1 1n tutto ciò di che Grozio pensa riprendere i romani giureconsulti in tante minute spezie o capi di cotal diritto, che egli, più di quel che convenga a filosofo che ragiona di principii di cose, propone in uno sformato numero, i di lui colpi vanno a cadere a vuoto». Cfr. anche più sopra, p. 190.
s «Oltra a ciò — continuava il V. in SN^, 1. e. — come sociniano che egli era, pone il primo uomo buono perchè non cattivo, con queste qualità: di solo, debole e bisognoso di tutto, e che fatto accorto da’ mali della bestiai solitudine, sia egli venuto alla società; e ’n conseguenza, che ’1 primo genere umano sia stato di semplicioni solitari, venuti poi alla vita socievole dettata loro dall’utilità: che è in fatti l’ipotesi d’Epicuro».
- Selden, De iure nat. et gent. iuxta disc. Ebraeor. (ediz. cit. più sopra a p. 96,
u. 4), p. 68: «Naturalis [iurié]» vocabulum in titulo id tantum indicat quod ex Ebrceorum, seu ecclesice aut reipublicce veteris ebraica, placitis, sententiis mori. busque tam in foro quam in scholis receptis avitìsque prò iure mundi, seu omniuìn hominum omnimodarumque tuni gentium tum celati communi, etiam ab ipao rerum conditu est habitum, ut scilicet a totius naturce creatce autore seu numine sanctissimo humano generi simulatque creatum est, indicatuìn, infusum imperatumque». — P. 69: «Gentium autem ius in titulo accipitur prò eo quod sive ex singulari numinis imperio, sive ex pacto seu consuetudine interveniente, Ebrceis aliis