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xxii | introduzione dell'editore |
gionamento o l’esame del preciso dato di fatto non gli avrebbero potuto offrir nulla, gli riusciva di mirabile ausilio. La sua ricostruzione della storia del tempo oscuro e favoloso, una delle più difficili e ardite che si sieno finora tentate nel campo della storiografia, è tutta effetto di raziocinio e di studio di documenti, o non c’entra in gran parte il lavoro d’una grande fantasia? Quegli uomini primitivi, che, abbandonati dalle madri non appena spoppati, si rotolano nelle loro feci; fatti adulti e diventati giganteschi, vagano per la gran selva della terra, fuggendo le fiere e inseguendo con libidinoso furore le donne ritrose e schive; moribondi, scorgono con occhio disperato le iene e gli avvoltoi che si disputano diggià i loro cadaveri destinati a giacere insepolti; — quegli stupidi e orribili bestioni, dipinti con sì efficaci colori nella suprema miseria della vita ferina, il Vico li vedeva solamente con l’occhio del filosofo e dello storico, o non anche con quello (in questo caso assai più penetrante) del poeta? O beato e santo Vico, benedetta la tua ingenuità da grand’uomo, che ti faceva vedere solamente un’arida dimostrazione matematica ov’era tanta bella e grande poesia!
La più innocua delle preoccupazioni stilistiche del Vico fu senza dubbio quella di riuscire scrittore elegante. Innocua, s’intende bene, per la struttura della Scienza nuova, non già per lui, che si venne a dare gratuitamente un’altra serie di ambasce.
È incredibile quanto quell’uomo, che pur sapeva riuscire con non troppa fatica eccellente scrittore latino, si torturasse invano per raggiungere una forma toscanamente elegante. Chi si faccia a studiare dal semplice punto di vista della lingua, e magari della punteggiatura e della grafia, le varie redazioni della seconda Scienza nuova, resta strabiliato dalla molteplicità delle correzioni meramente