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DEL METODO 185

dispone debbe essere tutto ordine; pere’ ha per suo fine la sua stessa immensa bontà, quanto vi ordina debb’esser indiritto a un bene sempre superiore a quello che si han proposto essi uomini.

Per tutto ciò nella deplorata oscurità de’ principii e neli’innumerabile varietà de’ costumi delle nazioni, sopra un argomento divino che contiene tutte le cose umane (a), qui pruove non si possono più sublimi disiderare che queste istesse che ci daranno la naturalezza, l’ordine e ’1 fine, ch’è essa conservazione del gener amano. Le quali pruove vi riusciranno luminose e distinte, ove rifletteremo con quanta facilità le cose nascono ed a quali occasioni, che spesso da lontanissime parti, e talvolta tutte contrarie ai proponimenti degli uomini, vengono e vi si adagiano da sé stesse; e tali pruove ne somministra l’onnipotenza. Combinarle e vederne l’ordùie, a quali tempi e luoghi loro propi nascono le cose ora che vi debbono nascer ora, e l’altre si differiscono nascer ne’ tempi e ne’ luoghi loro, nello che all’avviso d’Orazio i consiste tutta la bellezza dell’ordine; e tah pruove ci apparecchia l’eterna sapienza: e finalmente considerare se siam capaci d’intendere se a quelle occasioni, luoghi e tempi, potevano nascere altri benefìcii divini, co’ quali in tali o tali bisogni o malori degli uomini si poteva condarre meglio a bene e conservare l’umana società; e tali pruove ne darà l’eterna bontà di Dio.

Onde la propia continua pruova che qui farassi sarà il combinar e riflettere se la nostra mente umana, nella serie de’ possibili la quale ci è permesso d’intendere, e per quanto ce n’è permesso, possa pensare o più o meno o altre cagioni di quelle ond’escono gH effetti di questo mondo civile. Lo che faccende, il leggitore pruoverà un divin piacere, in questo corpo mortale, di contemplare nelle divine idee questo mondo di nazioni per tutta la distesa de’ loro luoghi, tempi e varietà; e truoverassi aver convinto di fatto gli Epicurei che ’l loro caso non può pazzamente divagare e farsi per ogni parte l’uscita, e gli Stoici che la loro catena eterna delle cagioni, con la qual vogliono avvinto il mondo.

(a) in quanto si sottomettono a diritto e ragione, qui yruove ecc.

1 Ej). ad Pis., 42 sgg. e cfr. ivi le note del V.; in cui egli paragona l’ordine della composizione poetica all’ordine della natura, anzi identifica natura e ordine.