Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
i. struttura esterna della «scienza nuova» | xvii |
altro, in fondo, che anticipazioni di alcune conclusioni storiche dell’opera, non contribuiscono di certo, avulse come sono da tutto il resto, ad accrescere chiarezza. Da ciò infine quel tentativo, abbozzato nella prima redazione della seconda Scienza nuova, di una tavola d’indici: indici per modo di dire, giacché il solo nome in essi contenuto, ch’è quello di Giove, porse occasione al Vico non già di richiamare i vari passi dell’opera a quel nome relativi (lavoro a cui egli era completamente disadatto), sì bene di prender le mosse dalle cose già dette per aggiungerne altre del tutto nuove. Prova ne sia che nell'ultima redazione gl’indici scompaiono, e un lungo pezzo di essi è rifuso nel corpo dell’opera.
Il peggiore effetto di codesta ossessione d’irraggiungibile
perspicuità fu il non lieve imbarazzo in cui si venne a trovare il Vico di fronte alla concisione, ch’era l’altra virtù stilistica che egli voleva a tutti i costi conseguire.
Il Vico intendeva la concisione in doppio modo. La intendeva
cioè anzi tutto nel significato veramente estetico della parola, ch’è quello di raggiungere l’espressione rapida, scultoria, che dica il maggior numero di cose nel minor numero di parole. Siffatta virtù, appunto perchè propria degli scrittori sommi, il Vico mostrò, a volte, di possedere in modo maraviglioso. Non c’è chi non ammiri lo stile lapidario di quasi tutte le Degnità, e chi nel leggere il capitolo d’intorno all’eroismo dei primi popoli, in cui in sole quattro o cinque pagine di stupenda prosa vien ritratta con colori vivissimi la vita e la psicologia delle società eroiche, non sia preso dall’entusiasmo.
Ma la parola «concisione» assumeva spesso nel Vico un significato non estetico, anzi gretto, meccanico e a dirittura commerciale: «esser conciso» valeva per lui quanto riuscire a far entrare tutta la Scienza nuova in un libretto di dodici fogli di stampa. Abilità da compilatori