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degli elementi 169

cxii

Gli uomini intelligenti stimano diritto tutto ciò che detta essa uguale utilità delle cause.

cxiii

Il vero delle leggi è un certo lume e splendore di che ne illumina la ragion naturale; onde spesso i giureconsulti (a)1 usan dire «verum est» per «æquum est».

Questa diffinizione come la centoundecima sono proposizioni particolari per far le pruove nella particolar materia del Diritto natural delle genti, uscite dalle due generali, nona e decima, che trattano del vero e del certo generalmente, per far le conchiusioni in tutte le materie che qui si trattano.

cxiv

L’equità naturale della ragion umana tutta spiegata è una pratica della sapienza nelle faccende dell'utilità, poiché «sapienza» nell’ampiezza sua altro non è che scienza di far uso delle cose, qual esse hanno in natura.

Questa Degnità con l’altre due seguenti diffinizioni costituiscono il principio della ragion benigna, regolata dall’equità naturale, la qual è connaturale alle nazioni ingentilite; dalla quale scuola pubblica si dimostrerà esser usciti i filosofi.

Tutte queste sei ultime proposizioni fermano che la Provvedenza fu l’ordinatrice del Diritto natural delle genti; la qual permise che, poiché per lunga scorsa di secoli le nazioni avevano a vivere incapaci del vero e dell’equità naturale (la quale più

rischiararono, appresso, i filosofi), esse si attenessero al certo ed all’equità civile, che scrupolosamente custodisce le parole degli ordini e delle leggi; e da queste fussero portate ad osservarle



  1. (a) ed anco i volgari latini scrittori dal secolo d’Augusto in poi, in ragionando «de iusto», usano, ecc.