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154 | libro primo — sezione seconda |
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Le gare, ch’esercitano gli ordini nelle città, d’uguagliarsi con giustizia sono lo più potente mezzo d’ingrandir le repubbliche.
Questo è altro principio dell’eroismo romano, assistito da tre pubbliche virtù: dalla magnanimità della plebe di volere le ragioni civli comunicate ad essolei con le leggi de’ padri, dalla fortezza de’ padri nel custodirle dentro il lor ordine, e dalla sapienza de’ giureconsulti nell’interpetrarle e condurne fil filo l’utilità a’ nuovi casi che domandavano la ragione; che sono le tre cagioni propie onde si distinse al mondo la giurisprudenza romana.
Tutte queste Degnità, dalla ottantesimaquarta incominciando, espongono nel suo giusto aspetto la storia romana antica: le seguenti tre vi si adoprano in parte.
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I deboli vogliono le leggi; i potenti le ricusano; gli ambiziosi, per farsi séguito, le promuovono; i principi, per uguagliar i potenti co’ deboli, le proteggono. Questa Degnità per la prima e seconda parte è la fiaccola delle contese eroiche nelle repubbliche aristocratiche, nelle qual’i nobili vogliono appo l’ordine arcane tutte le leggi, perchè dipendano dal lor arbitrio e le miaistrino con mano regia. Che sono le tre cagioni ch’arreca Pomponio giureconsulto i, ove narra
- ↑ pomp., Liber singularis Enchiridii, in Dig. I, 2 (De orig. iuris), 2. — Senonchè Pomponio non accenna punto al desiderio della plebe di avere le XII Taw. («... placuit publica auctoritate decem constitui viros», e niente altro, egli dice a questo proposito nel § 4), e tanto meno, naturalmente, che tra le cause di siffatto desiderio fossero le tre accennate dal V. Parla, sì, della mano regia e del ius incertum, ma a tutt’altro proposito (§1: «... initio civitatis... populus sine lege certa, sin iure certo primum agere instituit, omnìaque manu a regibus gubernabantur»; «Exactis regibus... iterum... cœpit populus romunus incerto magis iure... uti»). — Inoltre la frase «ius latens», non ricorre mai nei frammento pomponiano: forse, con essa il V. volle alludere a quel che si dice nel § 6; e cioè, che interpetrare le leggi e formolare le legis actiones era attribuzione del collegio dei pontefici, i quali su ciò conservavano il più alto segreto. — In SN1 II, c. 36, verso la fine, si parla a