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umano, ne fa la milizia, la mercatanzia e la corte, e, sì, la fortezza, l’opulenza e la sapienza delle repubbliche; e di questi tre grandi vizi, i quali certamente distruggerebbero l’umana generazione sopra la terra, ne fa la civile felicità.

Questa Degnità pruova esservi Provvedenza divina e che ella sia una divina mente legislatrice, la quale delle passioni degli uomini tutti attenuti alle loro private utilità (a)1, per le quali viverebbono da fiere bestie dentro le solitudini, ne ha fatto gli ordini civili per gli quali vivano in umana società.

viii


Le cose fuori del loro stato naturale né vi si adagiano né vi durano.

Questa Degnità sola, poiché il gener umano da che si ha memoria del mondo ha vivuto e vive comportevolmente in società, ella determina la gran disputa della quale i migliori filosofi e i morali teologi ancora contendono con Carneade scettico e con Epicuro (né Grozio2 l’ha pur inchiodata): se vi sia diritto in natura, o se l'umana natura sia socievole, che suonano la medesima cosa.

Questa medesima Degnità, congionta con la settima e ’l di lei corollario, pruova che l’uomo abbia libero arbitrio, però debole, di fare delle passioni virtù; ma che da Dio é aiutato, naturalmente con la divina Provvedenza, e soprannaturalmente dalla divina grazia.

ix


Gli uomini che non sanno il vero delle cose proccurano d’attenersi al certo, perché, non potendo soddisfare l’intelletto con la scienza, almeno la volontà riposi sulla coscienza.



  1. (a) ne fa la giustizia, con la quale si conservi umanamente la generazione degli uomini, che si chiama «gener umano».
  2. De iure belli et pacis, prolegomena.