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x introduzione dell'editore

cuno dei tanti letterati e pseudoletterati, cui il Vico l’aveva inviata con trepidanti lettere di accompagnamento, rispondesse con qualche vacua parola di gratulazione1. Il Vico per altro era appena agli inizi della dura via crucis delle delusioni, e poteva ancora conservare un po’ d’ottimismo: quando avrebbero vista l’opera — diceva — l’entusiasmo per tante nuove e maravigliose discoverte si sarebbe senza dubbio svegliato. E fiducioso mandò fuori il primo volume: De uno universi iuris principio et fine uno, cui a breve distanza seguì l’altro: De constantia iurisprudentis, diviso a sua volta in due parti: De constantia philosophiæ' e (dove si enunciava esplicitamente la Nova scientia) De constantia philologiæ.

Pareva ormai che quell’anima torturata di filosofo potesse trovar pace. Il frutto di tante fatiche era raccolto: la fiera tragedia che s’era agitata per lunghi anni nello spirito di lui, ora spinto al parossismo della gioia quando credeva d’aver squarciato un altro lembo del fitto velo che gli celava l’origine comune delle nazioni, ora prostrato nel più profondo abbattimento quando s’accorgeva d’aver seguìta una falsa traccia, era giunta finalmente alla catastrofe, e a una lieta catastrofe. Quei due volumi, esigui relativamente di mole ma mirabili per ricchezza di contenuto, erano innanzi a lui; ed egli poteva contemplarseli con occhio tenero di padre, e magari maravigliarsi con se stesso d’aver saputo tanto pensare.

Senonchè anche questa soddisfazione, che qualsiasi manipolatore di manualetti si crede in diritto di non rifiutarsi, al Vico era completamente negata. Non aveva, per così dire, ancora pubblicato il libro, e già s’ergevano contro di lui implacabili due nemici, che gli avvelenarono gli ultimi venticinque anni della sua desolata ed



  1. Carteggio, ediz. Croce, p. 188 sgg.