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idea dell’opera 47

componghino l’insopportabil superbia, la profonda avarizia e la spietata crudeltà con la quale i patrizi romani antichi trattavano gl’infelici plebei, come apertamente si leggono sulla storia romana, nel tempo che lo stesso Livio dice essere stata l’età della romana virtù e della più fiorente finor sognata romana libertà popolare; e truoverassi che tal pubblica virtù non fu altro che un buon uso che la Provvedenza faceva di si gravi, laidi e fieri vizi privati, perchè si conservassero le città, ne’ tempi che le menti degli uomini, essendo particolarissime, non potevano naturalmente intendere ben comune. Per lo che, si danno altri principii per dimostrare l’argomento che tratta Sant’Agostino, De virtute Romanorum1, e si dilegua l’oppinione che da’ dotti finor si è avuta dell’eroismo de’ primi popoli. Si fatta civil equità si truova naturalmente celebrata dalle nazioni eroiche così in pace come in guerra (e se n’arrecano luminosissimi esempli così della storia barbara prima come dell’ultima); e da’ Romani essersi praticata privatamente finché fu quella repubblica aristocratica, che si truova esserlo stata (a)2 fin a’ tempi delle leggi Publilia e Petelia, ne’ quali si celebrò tutta sulla Legge delle XII Tavole.

L’ultima giurisprudenza fu dell’Equità naturale, che regna naturalmente nelle repubbliche libere, ove i popoli, per un bene particolare di ciascheduno, ch’è eguale in tutti, senza intenderlo, sono portati a comandar leggi universali e, perciò, naturalmente le disiderano benignamente pieghevoli inverso l’ultime circostanze de’ fatti che dimandano l’ugual utilità; l'æquum bonum, subbietto della giurisprudenza romana ultima, la quale, da’ tempi di Cicerone, si era incominciata a rivoltare all’Editto del pretore (b)3 romano. E ella ancora, e forse anco più, connaturale alle monarchie, nelle qual’i monarchi hanno avvezzati i sudditi ad attendere alle loro private utilità, avendosi essi preso la cura di tutte le cose pubbliche, e vogliono tutte le nazioni soggette uguagliate tra lor con le leggi, perchè tutte sieno egualmente interessate allo Stato.



  1. S. Agostino non ha scritto alcun trattato intitolato De virtute Romanorum. Ma il V., forse, voleva alludere al lib. V, e. 12 sgg., del De civitate Dei.
  2. (a) alla seconda guerra cartaginese, nella quale si celebrò, ecc.
  3. (b) Tanto la Legge delle XII Tavole si confaceva con la popolar libertà! È ella, ecc.