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22 | idea dell'opera |
gionata della storia poetica degli dèi. Le favole eroiche furono storie vere degli eroi e de’ lor eroici costumi, i quali si ritruovano aver fiorito in tutte le nazioni nel tempo della loro barbarie; sicché i due poemi d’Omero si truovano essere due grandi
tesori di discoverte del Diritto naturale delle genti greche ancor barbare. Il qual tempo si determina nell’opera aver durato tra’ Greci infino a quello d’Erodoto, detto padre della greca storia, i cui libri sono ripieni la più parte di favole, e lo stile ritiene moltissimo dell’omerico; nella qual possessione si sono mantenuti tutti gli storici che sono venuti appresso, i quali usano una frase
mezza tra la poetica e la volgare. Ma Tucidide, primo severo e grave storico della Grecia, sul principio de’ suoi racconti, professa che, fin al tempo di suo padre (ch’era quello d’Erodoto,
il qual era vecchio quand’esso era fanciullo), i Greci, nonché
delle straniere (le quali, a riserba delle romane, noi abbiamo
tutte da’ Greci), eglino non seppero nulla affatto dell’antichità loro propie; — che sono le dense tenebre, le quali la dipintura spiega nel fondo; dalle quali, al lume del raggio della Provvedenza divina dalla Metafisica risparso in Omero, escono alla luce tutti i geroglifici, che significano i principi conosciuti solamente finor
per gli effetti di questo mondo di nazioni.
Tra questi, la maggior comparsa vi fa un altare, perchè ’l
mondo civile cominciò appo tutti i popoli con le religioni, come dianzi si è divisato alquanto e più se ne diviserà quindi a poco.
Sull’altare, a man destra, il primo a comparire è un lituo, o sia verga, con la quale gli àuguri prendevan gli augurii ed osservavan gli auspicii; il quale vuol dar ad intendere la divinazione, dalla qual, appo i gentili tutti, incominciarono le prime divine cose. Perchè, per l’attributo della di lui Provvedenza, così vera appo gli Ebrei (i quali credevano Dio esser una Mente infinita e, ’n conseguenza, che vede tutti i tempi in un punto d’eternità; onde Iddio. — o esso, o per gli angioli che sono menti, per gli profeti de’ quali parlava Iddio alle menti, — egli avvisava le cose avvenire al suo popolo), come immaginata appresso i gentili (i quali fantasticarono i corpi esser dèi, che, perciò, con segni sensibili avvisassero le cose avvenire alle genti), fu universalmente da tutto il gener umano dato alla natura di