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idea dell’opera 21

vero sopra gli autori delle nazioni medesime (nelle quali deono correre assai più di mille anni per potervi provvenir gli scrittori d’intorno ai quali la critica si è finor occupata), qui la Filosofia si pone ad esaminare la Filologia (o sia la dottrina di tutte le cose le quali dipendono dall’umano arbitrio, come sono tutte le storie delle lingue, de’ costumi e de’ fatti così della pace come della guerra de’ popoli), la quale, per la di lei deplorata oscurezza delle cagioni e quasi infinita varietà degli effetti, ha ella avuto quasi un orrore di ragionarne; e la riduce in forma di scienza, col discovrirvi il disegno di una storia ideal eterna, sopra la quale corrono in tempo le storie di tutte le nazioni: talché, per quest’altro principale suo aspetto, viene questa Scienza ad esser una filosofia dell’autorità. Imperciocché, in forza d’altri principii qui scoverti di Mitologia, che vanno di séguito agli altri principii qui ritruovati della Poesia, si dimostra le favole essere state vere e severe istorie de’ costumi delle antichissime genti di Grecia e, primieramente, che quelle degli dèi furon istorie de’ tempi che gli uomini della più rozza umanità gentilesca credettero tutte le cose necessarie o utili al gener umano essere deitadi; della qual poesia furon autori i primi popoli, che si truovano essere stati tutti di poeti teologi, i quali, senza dubbio, ci si narrano aver fondato le nazioni gentili con le favole degli dèi. E quivi, co’ principii di questa nuov’arte critica, si va meditando a quali determinati tempi e particolari occasioni di umane necessità o utilità, avvertite da’ primi uomini del gentilesimo, eglino, con ispaventose religioni, le quali essi stessi si finsero e si credettero, fantasticarono prima tali e poi tali dèi; la qual Teogonia naturale, o sia generazione degli dèi, fatta naturalmente nelle menti (a)1 di tai primi uomini, ne dia una cronologia ra-



  1. (a) de’ Greci, ne darà una cronologia ragionata, che n’empia il vuoto di que’ mill’anni e’ abbisognarono correre tra le nazioni gentili per provenirvi finalmente gli scrittori, come, tra’ Greci, Omero, il qual si pruova che venne più di mille anni dopo che Elleno fondò la Grecia (da cui i Greci si disser «Elleni»); il qual principe e padre di tutti i poeti si dimostra neppur aver lasciato scritti i suoi poemi, perocché al di lui tempo non si erano tra’ Greci ancor truovate le lettere volgari. Le favole eroiche, ecc.