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novitá religiosa e politica e sopra tutto antigiansenisti. Il suo giudizio sul V. fu forse comunicato a quest’ultimo dall’ Esperti in qualche lettera dispersa. — Sull’Athias, pp. 120-1.

XLI. — Sul Degli Angioli, p. 123. — Parecchie osservazioni contenute nella presente lettera furono poi rifuse e ampliate nella seconda Scienza nuova. — Sul Sostegni, p. 123. — S’avverta che nel 1730comparve un’edizione delle Poesie del Degli Angioli con prefazione del V.

XLII. — Anche la lettera dell’Esperti, a cui qui il V. risponde, è andata dispersa. — L’«onesta utilitá», che il V. sperava dalla sua immaginaria scoperta dell’origine eroica e antichissima degli Asburgo e dei Borboni (cfr. lett. XXXIV), doveva essere qualche ricognizione ch’egli si lusingava d’ottenere, per mezzo del Corsini, dagli ambasciatori austriaco e francese a Roma. Da che il consiglio dell’Esperti di rivolgersi piuttosto a questi ultimi, ossia ai cardinali Alvaro Cienfuegos (1657-1739) e Melchiorre di Polignac (1661-1741): il primo, gesuita, fiero antigiansenista e poi anche vescovo di Catania e arcivescovo di Monreale; il secondo, autore, fra l’altro, del notissimo poema Antilucretius seu de Deo et natura, e che dal 1724 al 1730 tenne aperto a Roma un elegantissimo salotto letterario, su cui fornisce notizie l’inedito carteggio di Celestino Galiani, che ne fu tra i frequentatori piú assidui. — Non si conosce nulla dell’abate Odazi, che a Roma aveva lodata la Scienza nuova. Forse era ascendente dell’economista Troiano Odazi da Atri (1741-94), titolare dal 1781 della cattedra di commercio nell’Universitá di Napoli e che, coinvolto nella congiura giacobina del 1793-4, mori suicida nelle carceri della Vicaria. — «Davia» e » Pico» sono i cardinali Giannantonio Davia da Bologna (fi74o) e Luigi Pico della Mirandola (+1743): «barbone» il secondo; ma giansenista o filo-giansenista, oltre che dottissimo e praticissimo di affari politici, il primo, che nel 1730 per pochi voti non ebbe il papato, e di cui si serbano inedite molte belle lettere a Celestino Galiani. — Per le vite letterarie promesse dal Cirillo e dal Doria cfr. lett. XXXIV.

XLIII. — Il gesuita Edoardo de Vitry (n. a Chálons sur Marne 1666, m. a Roma 1730) aveva professato a Caen (1702 sgg.) filosofia, matematica, astronomia, sacra scrittura e teologia; s’era poi trasferito a Cambray, ov’era stato in dimestichezza col Fénelon, di cui fu «teologo»; e dal 1709 s’era ritirato a Roma, dedito sopra tutto a studi di archeologia e di numismatica. Da una sua lettera