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venne acquistata ne 1727 dai padri oratoriani di Napoli, previo apprezzo del V. — Il giurista Ulrico Huber era morto fin dal 1694, e di lui, cosi come del Tomasio, il Ghemmingen citava dottrine che erano nei loro libri, non osservazioni sull’opera del V., come potrebbe sembrare dall’ Autobiografia. — Il De uno vide la luce alla fine dell’agosto 1720; il De constantia alla fine dell’agosto 1721; e l’uno e l’altro, insieme con le Notae (1722), sogliono essere chiamati col nome complessivo, derivante dallo stesso V., di Diritto universale. — Delle censure orali contro l’opera talune erano d’indole religiosa; i piú, per altro, rimproveravano al V. (e non del tutto a torto) la sua soverchia oscurezza. Tra costoro fu il padre Sebastiano Paoli lucchese, il quale su d’un esemplare donatogli dall’autore scrisse: « Culpa mea est, solus si non capto tua dieta; Culpa tua est, nono si tua dieta capii » . — Gli «uomini dottissimi», che a Napoli lodarono pubblicamente il libro, furono il padre Giacco, Giovanni Chiaíese, Aniello Spagnuolo e Biagio Garofalo. — La lettera del «Clerico», cioè del ginevrino Giovanili Ledere (1657-1736), fu, per desiderio del V., ripubblicata anche a principio della terza Scienza nuova (1744).

pp. 44-8 — Veramente la «cattedra primaria mattutina di leggi» (retribuita con 600 ducati l’anno) vacava fin dal 1717, anno in cui il Capasso, che l’occupava, passò a quella « vespertina » (retribuita con ixoo ducati). Da vari luoghi d Autobiografia e del Carteggio risulta che il V. prese a lavorare il Diritto universale appunto per presentare un « titolo giuridico » al futuro concorso, bandito il 19 gennaio 1723, e non solo per il ius civile della mattina, ma anche per altre sette cattedre giuridiche, parirnente vacanti. Il V., iscrittosi, primo fra tutti, il 24 gennaio, e 3cui toccò come teina (9 aprile) un frammento delle Quaestiones di Papiniano {Digesto, XIX, 5, 1), tenne la lezione di prova il giorno seguente nel convento domenicano sito nella strada di San Tommaso d’Aquino. Senouché, mentr’egli parlava, ignorava ancora che, in seno alla commissione giudicatrice, s’erano formati due partiti avversi, risoluti a combattersi a vicenda: l’uno (sostenuto dal viceré d’Althann, che, a quanto affermava anni dopo Bartolomeo Intieri, intervenne nel concorso con la «violenza») pel giá ricordato Domenico Gentile da Bari (?-i739), grande insectator puellarum, perciò soprannominato « calamitulus » o «ganimede», e che l’ Intieri, in occasione della sua morte, avvenuta per suicidio, definiva «sfacciato» e «pazzo»; l’altro, per Pietro Antonio