Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/126

Amenta, nei Rapporti di Parnaso, ricorda che Niccolò Partenio Giannettasio « si affaticava a tutto potere, insieme con G. B. V. ..., di far ritornare in Napoli la pura latina favella». Quattr’anni dopo, Filippo Caravita, in una sua relazione ufficiale sull’Universitá di Napoli, scriveva che la cattedra del V. aveva « frequenza di studenti». Ma circa quel tempo il V. fu preso piu volte di mira dalla musa maccheronica e vernacola del suo amico e, collega universitario e implacabile canzonatore Nicola Capasso (1671-1745), il quale, pur definendolo «severo estimatore de’ vocaboli latini», soleva dipingerlo come un « pedantazzo » e dargli il crudele nomignolo di « mastro Tisicuzzo ». *Vrai pedani », infine, to.a, itvs.le.uae col Capasso e Matteo E.gúrio, uno «dei tre migliori professori d’eloquenza che fossero a Napoli, il V. è detto in un rapporto del conte Solaro de Breille, ambasciatore piemontese a Napoli, del 24 novembre 1719.

pp. 38-9 — Il De rebus gestis Antonii Caraphaei , in cui il V. seppe pure non tradire la veritá, quantunque il Carafa (1646-93) si fosse reso tristamente celebre per la sua efferatezza nella crudelissima repressione dell’ Ungheria, fu composto su una gran copia di documenti inediti (lettere, memoriali, ecc.) forniti dal giovane Adriano Antonio Carafa (1696-?), del quale il V. era precettore, e per le cui nozze con Teresa Borghese (1719) promosse e curò una elegante raccolta poetica. Quale compenso per la sua fatica, pare che il V. avesse mille ducati, coi quali si dice maritasse la figliuola Luisa. — Dell’abitudine del V. di lavorare «in mezzo agli strepiti domestici » resta documento un brano del De constantia philologiae, in cui è riferita un’ingenua osservazione del piccolo Gennaro Vico, còlta a volo dal padre mentre elaborava la teoria che i poeti e i fanciulli * omnia fere, vehewenter aliquo dffeclu commoti, proloquuntur » . — Il breve di Clemente XI (16 gennaio 1717) è diretto al giovane Carafa. In una copia di pugno del V., tuttora esistente, sono sottolineate alcune parole (« aeternis literarum monumentisi ), che, alquanto artificiosamente, egli tirò a particolare elogio del suo libro. — I rapporti del V. col Gravina risalivano, forse, alla sua prima giovinezza e, in ogni caso, erano giá cordiali nel 1712, anno in cui il primo, quale censore civile, scrisse un entusiastico parere delle Tragedie del secondo. Fiú volte, del resto, in casa di amici comuni, il V. soleva vedere il Gravina, che, nelle sue annuali gite a Napoli, conduceva con sé il giovanissimo Metastasio, che può anche darsi, secondo narra