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Santa Maria del Fiore nella citta di Firenze, sua patria, sono tutte invenzioni innanzi l’analisi divulgate. Aggiugne inoltre che quanti, col mezzo d’essa, hanno tentato di ritrovar cose nuove, non l’hanno fatto con tutto il buon successo; siccome sperimentò il padre Peroto nella sua nave, nella cui struttura egli volle che si prendessero tutte le misure delle regole analitiche. Per fare che l’analisi giovi alle meccaniche, stima convenevole ch’ella non s’insegni per via di spezie, ma per via di forme e che, come pare essere un’arte d’indovinazione, cosi ad essa, come a discioglimento per macchina, si ricorra. Con lo stesso metodo e purgato ragionamento va egli disaminando gli altri strumenti che abbiamo delle scienze e dell’arti; ma in proposito dell’eloquenza non è da ommettersi ciò che avvertisce della lingua francese, cioè non esser questa capace della maniera sublime ed ornata di dire, ma deila tenue solamente, poiché, essendo abbondante di que’ termini ch’egli chiama «vocaboli di sostanza» e che, secondo le scuole, significano le «sostanze astratte», versa ella sempre ne’ supremi generi delle cose, ed è quindi piú acconcia alla maniera magistrale di dire che all’oratoria: donde ne siegue che, dove noi lodiamo i nostri dicitori perché parlano eloquentemente, lodansi da’ francesi i loro perché pensato abbiano il vero. Dove ragiona della poetica, dice esserle di vantaggio e di comodo la cognizione e l’uso del metodo geometrico, poiché i poeti, dovendo fingere sempre i costumi quali da principio gli hanno nelle persone introdotti, della qual arte primo maestro fu Omero, siccome avvisa Aristotele, malamente possono dedurre l’una dall’altra cosa, quando non sappiano l’ordine e l’artifizio di andarle tessendo in guisa, che le seconde dalle prime, le terze dalle seconde paiano naturalmente venirne di conseguenza; il che fanno eccellentemente i geometri, i quali dalle premesse false san trarre vere illazioni. Mostra dipoi come il poeta non men del filosofo va in traccia del vero. «L’uno e l’altro — dic’egli — descrive i costumi degli uomini; l’uno e l’altro gli eccita alle virtú e gli stacca da’vizi: ma il filosofo, perché la discorre coi letterati, prende a trattar la cosa dal genere; il poeta, all’incontro, che ha da fare col volgo, la persuade con esempli, a bella posta studiati, cioè a dire coi fatti e detti sublimi delle persone ch’e’ finge. Laonde i poeti si allontanano dalle forme usuali del vero per meglio fingere una certa spezie del vero, ma piú eccellente, e lasciano la