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l’appellavano, perché la lingua comune la direbbe «critica»]. ’ ’ Inveniendi vero artem, quae topice dici tur, quaeque ad usum poti or erat, et ordine nalurac certe prior [perché prima è rapprendere, poi il giudicare], totam reliquerunt». Ma voi per avventura avete preso la voce «critica» nella significazione de’ grammatici, o vogliam dire letterati, non de’ filosofi, e perciò vi siete indotti a dir ciò. Del metodo finalmente osservate (p. 228 sg.): lui chiamarsi da’ cartesiani «un’arte di ben ordinare e disporre i nostri pensamenti, per poter noi arrivare a una qualche scienza o per insegnarla altrui». Sicché alla medesima scienza conducendoci varie diffinizioni, divisioni, postulati, assiomi e dimostrazioni, non insegna il metodo come abbiamo a ben diffinire, a ben dividere, a ben giudicare, a ben discorrere, essendo ciò proprio dell’altre parti della loica; ma solo insegnaci come abbiamo tutte quelle cose a ordinarle acconciamente e disporre, di modo che facile riesca e comodo l’acquisto della scienza propostaci. Onde conchiudete che l’ordinare è una operazione distinta dalle tre prime; e, dato che sia arte, ella non è «direttrice della facoltá del ragionare e discorrere, ma direttrice della facoltá dell’ordinare e disporre». Qui, o voi intendete per «metodo»1 ’analisi, come sembrano usarla i cartesiani, con la quale da una cosa proposta si dividono le comuni, per venire alla cognizion delle proprie, a fine di conoscerne le proprietá, per poi ben diffinirla; e di questa si servirono bene gli antichi, come Platone nel Sofista , il qual dialogo non è altro che una continua analisi, con la quale Socrate dassi a dividere l’arte, e rimuove tutte le altre sue spezie per diffinir la sofistica. Ma però il dividere e ’l diffinire sono lavori della seconda operazion della nostra mente; e questi sono regolati dalla critica, nella quale, perché con essa hassi a dividere, prevagliono gli uomini d’acre ingegno: si come andar componendo una cosa con tutte le altre che vi hanno attacco o rapporto (che è l’altra spezie di metodo, che s’appella «sintesi», che in fatto è ritrovare) è opera della semplice percezione, che fassi