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tribunale del proprio giudizio, con quel dire: — Di cotesto, che tu dici, non ho idea, — di avversari divengono giudici. Ma diano essi nella diffinizione della sostanza cosa migliore, e poi dicano «mal intelligibili» queste voci «potenze» ed «atti». Essi definiscono la sostanza «cosa che è», «cosa che esiste». Però io feci vedere nella Risposta (p. 220) quanto cotal diffinizione sia sconcia e contraria a se stessa: confondere ciò che è con ciò che esiste, cioè l’essere e Tesserci, ciò che sta sotto e sostiene con ciò che sovrasta e s’appoggia, la sostanza con l’attributo, e finalmente l’essenza con l’esistenza. Di che poi nascono quelli cotanto impropri parlari: «Ego suiti», «Deus existit», che «io sono» e «Dio ci è»; quando Iddio propriamente è, ed io sono propriamente in Dio: che, con molta proprietá di vocaboli, le scuole dicono «Dio essere sostanza per essenza, le cose create esserlo per participazione». M’insegnino poi da qual altra metafisica bassi il criterio, per lo quale nelle veritá geometriche tutti uniformemente convengono, poiché non può darcelo la «chiara e distinta percezione»; perché, usandola essi in fisica, per quella la conoscenza delle naturali cose non sono divenute punto piú scientifiche. Mi spieghino pure con qual chiara e distinta idea concepiscono essi la linea costar di punti, che non han parti; e, quando non possono sopportare questa indivisibile virtú nelle cose reali, s’inducono uniformemente a ricevere il punto imparabile, e non piú tosto definirlo «minimo divisibile in infinito»? Ma il punto diffinito imparabile ci dá quelle maraviglie dimostrate: che grandezze e moti incommensurabili, ritornando a’ principi, cioè a’ punti, uguagliano ogni dissuguaglianza. E finalmente avrei voluto essere addottrinato in quel «granello di arena», che io dissi nella Risposta (p. 218): cosa sia quella che, dividendolo, ci dá e ci sostiene un’infinita estensione e grandezza; se questa grandezza vi sia in atto, e ’l granello di arena sia attualmente infinito, o in sostanza e in virtú, per la quale risponda ad ogni quanto si voglia massima estensione. Era d’uopo prima dileguare queste cose, e farleini vedere che son nebbie; e poi sarebbe stato ragionevole il dire: «il raffinato buon gusto del secolo», ecc.