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geometrico sia una simiglianza del metafisico, cioè della sostanza; e che ella sia cosa che veramente è, ed è indivisibile; che ci dá e sostiene distesi ineguali con egual forza: perché, per le dimostrazioni del Galileo ed altre piene di maraviglia, le disuguaglianze quanto si vogliono grandi, ritirandoci al lor principio indivisibile, cioè a’ punti, tutte si perdono e si confondono. E cosi l’essenze delle cose tutte sono particolari divise virtú eterne di Dio, che i romani dissero «dii immortali»; le quali prese tutte insieme atto, intendeino e veneramo un solo Dio, potente il tutto. Se avessi voluto seguire la sola autoritá, avrei dato negli alterati rapporti che fa Aristotile della sentenza di Zenone; se avessi voluto seguire il solo proprio giudizio, l’avrei trascurata con tutti gli altri. Voi or desiderate autori di questo sentimento che do a Zenone. Io vi do il medesimo non alterato da Aristotile, non improbabile, come giace, ma vendicato da’ sinistri sentimenti altrui ed assistito dalla ragione. Che se finalmente non volete ricevere questa sentenza come di Zenone, mi dispiace di darla vi come mia; ma pur la vi darò sola e non assistita da nomi grandi. Desiderate poi (p. 226) piú di spiegazione e di pruova che i punti e’ non s’intendano delle parti in che si può dividere il continuo o la sostanza estesa, in quanto estesa ella è, ma... della sostanza del corpo, presa nel suo concetto metafisico, nel quale «consista in indivisibili», e «non suscipit magis et minus», conforme le maniere del favellare scolastico. A me non mai cadde in pensiero che la sostanza del corpo dividasi, ma ch’ella è il principio nel quale le cose distese, quantunque disuguali, dividendosi, con ugual camino ritornano (cap. iv, \ 11), come per lo piú lungo ragionamento di quel libretto mi studio far chiaro. Ma a voi questo termine di «punti» sembra (p. 226) non spiegato, non definito ed oscuro. Io gli diffinisco, per tutto quel ragionamento, una tal cosa indivisibile, che, sotto a cose realmente distese ineguali, stavvi