Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/262

Rimane finalmente, per quello che riguarda questa parte dell’origini, da non doversi trascurare quella che voi chiamate «questione di nome» (p. 228): se la topica, critica e metodo abbiano a dirsi «arti», non «facultá». Perché non altronde proviene la difficultá che i latini hanno avuto di rendere in loro idioma la voce Qr|TOQixfj, gli aiuti della quale fanno comunemente natura, arte ed esercitazione, cioè che la natura la promuove, l’arte l’indrizza, l’esercitazione la conferma; e QrjTOQeg appo i greci non significa «maestri dell’arte», ma «oratori», i quali certamente non sono da stimarsi, se non hanno acquistato quella faciltá di ben parlare, che possano all’impronto patrocinare con eloquenza le cause. Talché, trattando io in quel libro di sottili differenze che si hanno da osservare circa la proprietá delle voci, m’importava non confondersi, particolarmente quando io ex professo le distingueva, per le gravi conseguenze che ne provengono, come una, quella che l’uomo con ciascuna facultá si fa l’oggetto proprio di quella. Onde puossi dare il fondamento a tutto ciò che ragiona, per vie non tentate innanzi da altrui, il barone Herberto nel suo libro De verilate : che ad ogni sensazione si spieghi e manifesti in noi una nuova facultá, che è il maggior argomento di quella metafisica. Chiudo questa parte di ragionamento con quel fine che io feci proprio di questo luogo nella Risposta (p. 206), e voi avete fatto fine di tutta la vostra Replica (p. 238): che non poteva la vostra gentilezza riposare sul credito di quello che io ne affermava; perché «oggidí si è appresa questa massima: che è assai pericoloso nelle cose filosofiche il voler fondare il suo sapere anzi sul credito di chi che sia, che sulla forza ed evidenza delle ragioni». Perché io ve ne priegava, non dove trattava delle cose e delle loro cagioni (dove è da osservarsi religiosamente la massima), ma di voci e delle loro origini, nelle quali signoreggia l’uso e l’autoritá.