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ciò che contenesse dentro di sé l’effetto, e con esso fosse una cosa istessa. e ’l producesse con tutta perfezione: la quale cosa è assolutamente propria di Dio. Cosi «genus» appo filosofi dicesi «ciò che nella specie dividesi». e appo volgari significa la «guisa * o «maniera». All’ incontro «species» volgarmente dinota «apparenza», filosoficamente «parte del genere» o * individuo». Considero sotto voci istesse diversissime cose: qualche ragione d’attacco ha dovuto frapporvisi: non altrove il rinvengo che avessero i sapienti autori della lingua opinato darsi l’uno vero, che dividesi in piú apparenti unitá, talché queste fossero apparenze e simulacri di quello; e l’uno sia la maniera, i piú sieno lavori sulla maniera; quello vero come originale, questi falsi come ritratti. Ma, con tutto ciò, non resterá pure maravigliarsi alcuno come a niun de’ romani, nati e dotti in quella lingua, sia giammai venuto in pensiero per si fatta via rintracciarne l’origini Io rispondo a costui: a niuno de’ medesimi cadde in mente d’investigar da filosofo le cagioni de’ lor costumi ed usanze. Dunque falso è ciò che ne scrisse un filosofo straniero, Plutarco? Sciogliamo dunque la maraviglia. Fu spento il regno etrusco molte e molte centinaia d’anni innanzi che i romani coltivassero let tere; la lingua latina, dominante a’ tempi de’ dotti, avea oscurate le altre minori d’Italia; il fasto della romana grandezza sdegnava anche le delicatezze dell’Attica, come abbiamo veduto in Varrone; la loro felicitá gli lusingava, come suol fare, che tutti i beni, che essi godevano, fussero propri e nativi. Dunque non è stravagante, ma necessaria cosa che non riflettessero a quello che ho io riflettuto. Or mettete insieme, di grazia, da una parte i piú antichi sapienti del mondo gentile essere stati gli egizi ; il loro imperio in colonie per le riviere del Mediterraneo diffuso; il potente regno de’ toscani in Italia, e le lingue diffondersi con gl’imperii ; l’architettura toscana piú antica delle greche; la religione piú tragica, e l’arte militare piú sapiente, di lá venuta a’ romani; sempre essere stati tenuti sapienti gli autori di lingue sagge; e un gran numero di voci latine non mostrare niuna ragione