Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/246

Giornale , avete favorito rispondere, e si farmi degno in un certo modo (quando io non lo sono, né ho ardito, né poteva ardire pretenderlo) di starvi a petto e del pari. Mi ha recato maraviglia però ciò che sul principio scrivete (p. 223): «che io mi sia aggravato ed offeso da chi distese l’estratto, e che troppo acerbamente mi sia doluto di alcune picciole cose, che da voi con tutta modestia mi vengono opposte». Tanto è lontano dal vero che io sia di cotal natura o feroce o delicata, non mi so dire, che, avendo io letto quell’articolo, mi sentii pungere invero da un qualche leggiero stimolo di passione: ma, perché l’amor proprio allora piú ci è nemico quando piú ci lusinga, non volli ascoltarla sola; ma, portatomi dal signor Matteo Egizio, che trascelsi tra tutti, perché piú di tutti il conosceva ben affetto alla vostra assemblea, il domandai, avendoglielo dato a considerare, che esso farebbe, se cosi fossesi scritto d’opera sua; ed egli, uomo altrimente di riposatissimi affetti, risposerai che stimerebbe esser lui posto in obbligazion di rendere ragione di ciò che avrebbe scritto. Onde io, non per dolore di aggravio o di torto alcuno, ma perché non mancassi all’obbligo mio, mi determinai al difendermi. Dipoi la maniera da me usatavi, a chiunque avrá letta quella Risposta , ogni altra cosa mostra fuorché acerbezza, perché fui sempre di sentimento che le cose appartenenti alle scienze trattar si debbano con sedatissima maniera di ragionare, ed appresso di me è grave argomento esser nulla o poco vere le cose, ove si sostengono con istizza e con rabbia, ed osservo tuttavia ne’ costumi che chi ha potenza non minaccia e chi ha ragione non ingiuria. Al piú al piú le filosofiche dispute, oltre a’ lavori della mente, non ammettono altro dell’animo, per ristorarsi di tempo in tempo del duro travaglio dell’intenzione, che certi piacevoli motti, i quali diano a divedere gli animi de’ ragionatori esser placidi e tranquilli, non perturbati e commossi; e, ove abbiamo a riprendere, vi entri a farlo la gravitá, con la quale possiamo pungere civilmente, non offendere da villani, accioché i filosofi, i quali contendono di cose che non soggiacciono all’appetito, si distinguano dal volgo, che difende le sue