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e dissotterrando, per quanto si può, i monumenti piú antichi della vecchia Etruria, onde i romani ricevettero le prime leggi spettanti si al governo civile della sua repubblica, si a’ riti sacri della sua religione. Ovvero almeno egli era da ricercare quali fossero i principi di quella filosofia, cui dalla Ionia traslatò Pittagora nell’Italia, e però fu detta «filosofia italica», la quale, avendo messe le sue prime radici in quelle parti, dov’ora il signor di Vico fa con tanto di gloria spiccare la sua eloquenza e dottrina, in ispazio assai breve di tempo si dilatò per lo stesso Lazio ancora. Termineremo alla fine questo nostro ragionamento, facendo nostra scusa con quel cortese signore, se, nonché in un sol dubbio, ma in tutti i nostri dubbi, non ci siamo noi «riposati su quel credito», il quale intorno a ciò era, non giá «nostra gentilezza», ma quasi quasi nostro debito l’avere a lui (p. 206); e pregandolo insieme di considerare che oggidí s’è appresa questa massima: che è assai pericoloso nelle cose filosofiche il volere fondare il suo sapere anzi sul credito di chi che sia, che sulla forza ed evidenza delle ragioni.