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Ili - SECONDO ARTICOLO DEL «GIORNALE DE’ LETTERATI» 235 l’efficiente, e quale non dall’oratore e dal legista, ma dal metafisico e dal fisico si considera, significhi il medesimo che quest’altro vocabolo «negocium», cioè «operazione» o «negazione d’ozio», come dice il nostro autore della Metafisica. E di ciò noi desideriamo di vederne qualche prova; di modo che in quel detto, per esemplo, di Cicerone ’h «in seminibus est causa arbonim et stupium», a quella parola «causa» sostituire si possa quest’altra «negocium»: cosi pure se possa dirsi «negocium», invece di «causa», in quel verso di Virgilio (*): Felix qui potuit rerum cognoscere causasi III. — Appo i latini era il medesimo «intelligere» che «perfecte legere et aperte cognoscere»-, «cogitare» era il medesimo che appo noi il «pensare» e «andar raccogliendo» (p. 130). Laonde, convenendo al solo Dio il perfettamente leggere e chiaramente conoscere che che sia, e alla mente umana sol convenendo il raccórre gli estremi delle cose, e questi né pur tutti, quindi e’ conchiude che «humanae mentis cogitatio, divinae autem intelligentia sit propria». Ma pare a noi di poterla altresi diversamente discorrere. Imperciocché il verbo «inlelligo» formasi dal verbo «lego», cioè «colligo», «raccolgo» ( 3 ); e veramente trovasi negli antichi scrittori, non «intelligo», ma «intel/ego»; di maniera che «inlelligo» sia il medesimo che «intus lego», come l’interpretan alcuni, cioè «internamente e mentalmente io raccolgo», o piú tosto, com’altri, «in ter lego», facile e consueto essendo il passaggio dell’ «r» in «1», cioè «tra molte cose io vo quelle raccogliendo, che le migliori mi sembrano e le vere». Dunque, per la ragion sopradetta, pare che ’l verbo «intelligo» piú all’uomo si convenga che a Dio. E, per dir vero, frequentissimo è l’uso del verbo «intelligo» appo i latini scrittori de’ miglior secoli, parlandosi del pensar e conoscere delle menti umane. (1) Philip., n, 22. (2) Georg., 11, 490. (3) Vedi il Vossio nell’ Ktimol., alla voce «.intelligo».