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II
Ma molto piú era da sfuggire una tal brevitá, per non incorrere nell’oscuritá, vizio a essa cotanto affine. E qui la necessitá ci obbliga a dire ciò che nell’estratto sopradetto erasi taciuto da noi, per non parere che fare volessimo piú da critici che da giornalisti: cioè che quivi ce la siam passata seccamente, dicendo (p. 200) «ragiona de’ punti metafisici», senza farne altra parola: imperocché que’ «punti metafisici» ci son paruti un termine bisognoso d’essere spiegato e diffinito: il quale, per altro, rimanendosi nella sua oscuritá, involge tutto quel trattato in tenebre, per cosi dire, palpabili. Tanto piú, non avendovi cosa, a nostro giudizio, piú difficile da concepire che quelle sue virtú indivisibili della sostanza, per le quali essa sostanza, essendo non estesa, è principio dell’esteso, essendo non divisa, è principio della divisione. Que’ vocaboli poi di «virtú», di «potenze» e di «atti» son cosi male intelligibili, come il sono quelle «simpatie» e «antipatie», quelle «qualitadi occulte» (p. 161), le quali e’ vuole sbandite da ogni buona filosofia. Ili Aggiungasi in terzo luogo esser bisognoso non tanto di spiegazione quanto anche di prova ciò che ’l signor di Vico afferma (p. 153 sgg.), che da Zenone e dagli stoici s’insegnasse che si dessero que’ suoi «punti metafisici», mentre non ne troviam pure il vocabolo negli antichi autori ; che, parlando Zenone di punti e d’estensione, non intendesse giá delle parti in che si può dividere il continuo o la sostanza estesa, in quanto estesa ella è, ma intendesse della sostanza del corpo, presa nel suo concetto metafisico, nel quale «consistit in indivisibili» e «non susci pii magis et minus», conforme le maniere del favellare scolastico. Oltre a che, un tal concetto della sostanza convenendo altresí