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appendice della medesima) perché non a tutti è noto che gli accennati latini vocaboli, principal e unico fondamento della metafisica del signor di Vico, abbiano quel significato che loro attribuisce.

I

E primieramente noi affermiamo in quel libricciuolo moltissime cose brevissimamente accennarsi, le quali saria d’uopo che piú diffusamente si maneggiassero; il che il medesimo autore non ci nega, mentre approva per vero ciò che da noi fu detto (p. 202) per solo motivo di dare lode a lui: «che egli vi pose affollate, nonché in ogni pagina, quasiché in ogni linea speculazioni innumerabili». Molto piú, lui stesso affermando nella sua Risposta (p. 215) d’avere scritto la sua metafisica, non in grazia della gioventú, in si fatti studi ancor novella, ma per comparire infra le persone giá ammaestrate ne’ medesimi, le quali non voglionsi gravare con grossi volumi, e però basta loro un picciol trattatello, sol ripieno di quelle poche cose che altrove non si ritrovano. E noi ancora siamo del medesimo parere, che, scrivendosi ad uomini dotti, non fia giusto l’obbligarli a spendere tanto di tempo nella lettura oziosa e noiosissima di certi libracci che vanno uscendo alla giornata, carichi sol di cose piú e piú volte da altri giá ricantate, poco e nulla giungendovi del suo. Ma, dall’altro canto, noi giudichiamo che, quando uno in qualche scienza scrive, con nuovi principi e nuovo metodo, cose la maggior parte non piú udite, come il signor di Vico professa di scrivere, egli è in obbligo di trattarle alquanto stesamente; acciocché, siccome alletta i leggitori colla novitá, cosi col troppo affoltare le cose non li confonda, spezialmente per consiglio di Quintiliano (0, essendo talora piú spediente il dire il molto anche soverchio con tedio, che il porsi al pericolo del tacere il necessario. ( 1 ) De inst. orat., iv, 2