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l’essenza del corpo consiste in indivisibile; il corpo tuttavia si divide: dunque l’essenza del corpo corpo non è: dunque è altra cosa dal corpo. Cosa è dunque? è una indivisibil virtú, che contiene, sostiene, mantiene il corpo, e sotto parti disuguali del corpo vi sta egualmente; sostanza, della quale è solamente lecito ragionare per principi di quella scienza umana che unicamente si assomiglia alla divina, e perciò unica a dimostrare l’umano vero. Per questa via tentando ragionarne il gran Galileo nel primo Dialogo della scienza nuova , dalle amenissime dimostrazioni, che ne fa, è costretto a prorompere in si fatte parole: «Queste son quelle difficoltá che derivano dal discorrere che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno agl’infiniti, dandogli quegli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate: il che penso che sia inconveniente, perché stimo che questi attributi di maggioranza, minoritá ed egualitá non convengano agl’infiniti, de’ quali non si può dire uno esser maggiore o minore o eguale dell’altro». E, poco innanzi, ingenuamente confessa perdersi «tra gl’infiniti e gl’indivisibili». Mirò Galileo la fisica con occhio di gran geometra, ma non con tutto il lume della metafisica, e perciò stimò l’indivisibile altro dall’infinito, e parla di piú infiniti. Non sono piú infiniti, ma uno in tutte le sue finite parti, quanto si voglia inuguali, uguale a se stesso. Uno è l’indivisibile, perché uno è l’infinito, e l’infinito è indivisibile, perché non ha in che dividersi, non potendo dividerlo il nulla. Qui appunto costui mi aspetterá, come al varco, e risponderammi che tutto ciò ben si avvera in un corpo infinito; e che lo sia indivisibile, perché non vi sia vano o vuoto in che divider si possa. E questo varco pure è stato innanzi osservato da noi: perché, quantunque ci abbandoniamo nella vasta fantasia d’un infinito corpo, però il corpo di un picciolissimo granello d’arena non è infinito, e pure contiene una virtú infinita di estensione; per la quale voi, dividendolo, andarete all’infinito. Questo è quel che io dissi, dove ragiono che Aristotile sconviene da Zenone in cose diverse, conviene nel medesimo: egli parla di divisione