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214 IV - polemiche: relative al «DE antiquissima» Da questi stessi principi di metafisica si asserisce e si conferma la veritá alle matematiche, e si esplica la cagione perché gli uomini communemente si acquetano alle sue dimostrazioni ; perché in quelle essi sono l’intera causa degli effetti che operano, essi comprendono tutta la guisa come operano, e si fanno il vero in conoscerlo. E da questi stessi principi, e non altronde, nasce la ragione onde gli uomini pur si acquetano a quella fisica, la quale fa vedere le cose meditate con gli sperimenti, che ci diano apparenze simili a quelle che ci dá la natura: sicché la fisica si contenta delle apparenze, delle quali la metafisica sa le cagioni ; e la razionai meccanica, promossa da fior d’ingegno, si studia lavorarvi le simiglianze. Ma, quel che sopra ogni altra cosa piú importa, serve alla teologia cristiana, nella quale professiamo un Dio tutto scevero da corpo, nel quale tutte le virtú delle particolari cose si contengono, e in lui sono purissimo atto, perché egli solo è atto infinito, ed in ogni cosa finita, quantunque menoma, mostra la sua onnipotenza; onde è tutto in tutto, e tutto in quanto si voglia menoma parte del tutto. Questo è il ristretto, o, per meglio dire, lo spirito della nostra metafisica, tutto brievemente compreso, senza far bisogno ch’il ristretto uguagli la mole del libro. Dal quale ogni dotto può agevolmente fare adeguato concetto, come tutte le cose cospirino in un sistema di metafisica giá compiuta: e non, con un mozzo e confuso ragguaglio, porre altri, che non han letto il mio libricciuolo, in opinione che la sia piú tosto un’idea. Oltreché, dovean ritenervi a fare cotal giudizio le «innumerabili speculazioni, di che — voi medesimo dite — ogni linea, non che pagina essere affoltata»; e che dove io ho speso tanti pensieri, io non abbia avuto in animo darne un disegno, che, quantunque vasto, si può con poche linee abbozzare, ma che io abbia in effetto voluto dare un’opera giá compita. E mi perdoni pure che, senza che io il meriti, Ella mi tratti da uomo, che con titoli magnifici voglia destare la curiositá ne’ dotti, e poi fraudare la loro espettazione. Ma, cheché siane stata di ciò