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I

Che le voci «veruni» e * factum*, * caussa» e * negocium»
significarono appo i latini due cose.

E, per quello che si appartiene alle prime due voci, Fedria, nell’ Eunuco di Terenzio, domanda Doro: Cherean tuam vestem detraxit tibif E questi risponde: — «Factum». — Soggiunge il giovane padrone: — «Et ea est indutusf». — E l’eunuco similmente risponde: — «Factum». — Che un italiano, nell’ima e nell’altra risposta, tradurrebbe: «È vero». Cremete, nel Tormentator di se stesso, riprende il figliuol Clitifone : Vel bere in convivio quam immodestus fuisti? E ’l siro, che finge andare a seconda del vecchio, conferma: — «Factum». — Ma, perché potrebbesi qui dire che ne’ rapportati luoghi si ragiona di fatti, dove ben può stare «factum» per quello che noi dicemo «egli è succeduto», «avvenuto», o altro simigliarne, arrechiam luogo de’ molti, dove si favella di cose, e «factum» non può altrimente prendersi che per «verum». Lo Pseudoio di Plauto e Callidoro alternatamente ingiuriano il ruffiano Ballione; e questi sfacciatamente afferma esser tutte vere le ingiurie che gli si dicono. Psei’dolo. Impudico! Ballione. Ita est. Pseudolo. Sceleste! Ballione. Dicis vera. Pseudolo. Ver bevo ! Ballione. Quippini? Callidoro. Bus tir ape! Ballione. Certe. Callidoro. Furcifer! Ballione. Factum opiume !