Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/205

! - PRIMO ARTICOLO DEL «GIORNALE DE’ LETTERATI» 199 dal corpo la figura e il moto, e da queste come da qualunque altra cosa, l’ente e l’uno. Ed ecco l’origine delle scienze umane: delle quali la metafisica contempla l’ente, l’aritmetica l’uno e le sue moltiplicazioni, la geometria la figura e le sue misure, la meccanica il moto intorno al centro, la fisica il moto dal centro, la medicina il corpo, la loica la ragione, e la morale la volontá. Tuttavia queste scienze nell’uomo son, la maggior parte, imperfettissime e lontane dal vero; e noi, avendo le cose sol fuor di noi, conoscerle non possiamo se non per via d’astrazione, volgendo a nostra utilitá quel eh’è puro difetto della nostra mente. E da tal astrazione son prodotte due scienze le piú utili, perché le piú certe, la geometria e l’aritmetica; e da queste poi ne fu generata la meccanica, onde ne nacquero tutte l’arti all’uman genere necessarie. Laonde, perché queste scienze son facitrici, sono ancor le piú vere, assomigliandosi alla scienza divina, nella quale il vero e ’l fatto son convertibili. Gittati finalmente tai fondamenti, che dalla mente umana, se non tutte, almen conoscansi molte veritá, scende a confutar prima il Cartesio (p. 13S), il quale per regola principale al suo metafisico assegna prima di tutto Io spogliarsi non pure d’ogni pregiudizio, ma eziandio di qualsisia veritá; dipoi gli scettici (p. 141), i quali ogni veritá metteano in dubbio, e dicevano di nissuna cosa potersi avere certezza. Di lá scende al secondo capitolo (p. 143), dove disamina questi due vocaboli «gcnus» e «species», de’ quali il primo — cj‘ ce > — appo i latini significava la «forma», e ’l secondo ciò che nelle scuole chiamasi «individuo», e ciò che noi volgarmente diciamo «simolacro» ed «apparenza». E, perché tutte le sètte de’ filosofi convengono in ciò, che i generi sieno infiniti, però e’ conchiude opinion degli antichi filosofi dell’Italia essere stata che i generi sieno forme infinite, non nell’estensione sua, ma nella perfezione, e, come infinite, trovinsi nel solo Dio; ma che le specie, o cose singolari, sieno simolacri fatti secondo le medesime forme. E, perché il vero e ’l fatto son d’una medesima significazione, egli è d’uopo che i generi delle cose non sieno gli universali delle scuole, ma forme, e forme metafisiche, cioè idee