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44 libro terzo - appendice


la mitologia istorica in essa voce «satyra», la quale, come vuol Festo, fu vivanda di varie spezie di cibi: donde poi se ne disse «lex per satyram» quella la quale conteneva diversi capi di cose: siccome nella satira dramatica, ch’ora qui ragioniamo, al riferire di esso Orazio (poiché né de’ latini né de’ greci ce n’è giunta pur una), comparivano diverse spezie di persone, come dèi, eroi, re, artegiani e servi. Perché la satira, la quale restò a’ romani, non tratta di materie diverse, poiché è assegnata ciascheduna a ciaschedun argomento.

911Poscia Eschilo portò la tragedia antica, cioè cotal satira, nella tragedia mezzana con maschere umane, trasportando il ditirambo d’Anfione, ch’era coro di satiri, in coro d’uomini. E la tragedia mezzana dovett’esser principio della commedia antica, nella quale si ponevan in favola grandi personaggi, e perciò le convenne il coro. Appresso vennero Sofocle prima, e poi Euripide, che ci lasciarono la tragedia ultima. Ed in Aristofane finí la commedia antica, per lo scandalo succeduto nella persona di Socrate; e Menandro ci lasciò la commedia nuova, lavorata su personaggi privati e finti, i quali, perché privati, potevan esser finti, e perciò esser creduti per veri, come sopra si è ragionato; onde dovette non piú intervenirvi il coro, ch’è un pubblico che ragiona, né di altro ragiona che di cose pubbliche.

912In cotal guisa fu tessuta la satira in verso eroico, come la conservarono poscia i latini, perché in verso eroico parlarono i primi popoli, i quali appresso parlarono in verso giambico; e perciò la tragedia fu tessuta in verso giambico per natura, e la commedia lo fu per una vana osservazione d’esempio, quando i popoli greci giá parlavano in prosa. E convenne certamente il giambico alla tragedia, perocch’è verso nato per isfogare la collera, che cammina con un piede ch’Orazio chiama «presto» (lo che in una degnitá si è avvisato): siccome dicono volgarmente che Archiloco avesselo ritruovato per isfogare la sua contro di Licambe, il quale non aveva voluto dargli in moglie la sua figliuola, e con l’acerbezza de’ versi avesse ridurti la figliuola col padre alla disperazion d’afforcarsi: che