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istoria de’ poeti dramatici e lirici ragionata 43


del giambico, che fu la spezie di verso nel quale, come sopra si è dimostrato, volgarmente i greci parlarono dopo l’eroico. Cosí Pindaro venne ne’ tempi della virtú pomposa di Grecia, ammirata ne’ giuochi olimpici, ne’ quali tai lirici poeti cantarono; siccome Orazio venne a’ tempi piú sfoggiosi di Roma, quali furono quelli sotto di Augusto; e nella lingua italiana è venuta la melica ne’ di lei tempi piú inteneriti e piú molli.

n910I tragici poi e i comici corsero dentro questi termini: che Tespi in altra parte di Grecia, come Anfione in altra, nel tempo della vendemmia diede principio alla satira, ovvero tragedia antica, co’ personaggi de’ satiri, ch’in quella rozzezza e semplicitá dovettero ritruovare la prima maschera col vestire i piedi, le gambe e cosce di pelli caprine, che dovevan aver alla mano, e tingersi i volti e ’l petto di fecce d’uva, ed armar la fronte di corna (onde forse finor, appresso di noi, i vendemmiatori si dicono volgarmente «cornuti»); e si può esser vero che Bacco, dio della vendemmia, avesse comandato ad Eschilo di comporre tragedie. E tutto ciò convenevolmente a’ tempi che gli eroi dicevano i plebei esser mostri di due nature, cioè d’uomini e di caproni, come appieno sopra si è dimostrato. Cosí è forte congettura che, anzi da tal maschera che da ciò: — che in premio a chi vincesse in tal sorta di far versi si dasse un capro (il qual Orazio, senza farne poi uso, riflette e chiama pur «vile»), il quale si dice τραγός, — avesse preso il nome la tragedia, e ch’ella avesse incominciato da questo coro di satiri. E la satira serbò quest’eterna propietá, con la qual ella nacque, di dir villanie ed ingiurie, perché i contadini, cosí rozzamente mascherati sopra i carri co’ quali portavano l’uve, avevano licenza, la qual ancor oggi hanno i vendemmiatori della nostra Campagna felice, che fu detta «stanza di Bacco», di dire villanie a’ signori. Quindi s’intenda con quanto di veritá poscia gli addottrinati nella favola di Pane, perché πᾶν significa «tutto», ficcarono la mitologia filosofica che significhi l’universo, e che le parti basse pelose vogliati dire la terra, il petto e la faccia rubiconda dinotino l’elemento del fuoco, e le corna significhino il sole e la luna. Ma i romani ce ne serbarono