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288 appendice


la persona di Marco Crasso l’oratore, ch’esso medesimo chiama «il romano Demostene», parla cosí:

1438Fremant licei, dicavi quod seniio [bisogna che i letteratuzzi grecanti, che dovevano far una gran turba, fussero troppo interessati di cotal favola]: bibliothecas, mehercule, omnium philosophorum [i quali non seppero far Grecia signora di Roma, e forse fecero che Roma fusse signora e di Grecia e del mondo] unus mihi videtur XII Tabularum libellus, siquis legum fontes et capita viderit [le quali fonti e sorgive fecero poi, con l’interpetrazione, il grande regal fiume, anzi l’ampio mare di tutto il diritto romano], et auctoritatis pondere [di quell’autoritá di cui noi abbiamo in questi libri ragionata la filosofia] et utilitatis ubertate [la qual produsse il maggior imperio del mondo, come sta in quest’opera pienamente pruovato] superare. Percipietis etiam illam ex cognitione iuris laetitiam et voluptatem, quod quantum praestiterint nostri maiores prudentia ceteris gentibus [ecco i romani anteposti, con merito di veritá, nella civil sapienza a tutte l’altre nazioni dell’universo, e sí generalmente niegato che da alcuna nazione straniera venne la legge delle XII Tavole a’ romani], tum facillime intelligatis, si cum illorum Licurgo [quindi Cicerone scende al particolare de’ greci, e niega cotal legge esser venuta da Sparta, di cui era stato legislatore Licurgo], Dracone et Solone [or la niega altresi venuta da Atene, a cui prima Dragone e poi Solone avevano dato le leggi] nostras leges conferre volueritis. Incredibile enim est quam sit omne ius civile, praeter hoc nostrum, inconditum ac pene ridiculum [perocché ogni altro non reggeva sopra un sistema, sia stato anco appo gli ateniesi, appo i quali quelli che si chiamavano «pramatici» facevano professione non di altro che di conservar i zibaldoni delle leggi fatte in vari tempi in quella repubblica e tenerle a memoria per prontamente somministrarle agli oratori nelle cause, le quali consistevano in articoli di ragione, senza averne né gli uni né gli altri alcuna scienza di principi; perciocché i filosofi perciò forse non applicarono a meditarvi, onde i sofisti con troppo di ardire si presero a trattare questa difficil provincia e dar precettuzzi ridicoli di ragionar le cause, le quali da essi di «stati legali» sono appellate]. De quo multa soleo in sermonibus quotidianis dicere, cum hominum nostrorum prudentiam ceteris hominibus et maxime graecis antepono [ed ecco finalmente che Cicerone anco la niega venuta dalle cittá greche d’Italia]».