Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. II, 1928 – BEIC 1964822.djvu/283



[CAPITOLO PRIMO]

d’intorno al fatto qual si racconta

1414Con tal fatto, qual si racconta, tutti gli eruditi al popolo principe del mondo per virtú e per sapienza, circa i principi della sapienza han fatto un onore corrispondente all’altro che gli han fatto circa i principi delle virtú. Ché, come per la virtú, l’han fatto venire da’ troiani, che fu una gente vinta e vagabonda; cosí, per la sapienza, come brutta ciurma d’eslegi venuti dall’infame vita ferina, gli han fatto andare vagabondi per le nazioni, cercando leggi da ordinare la loro repubblica, le quali tanto sappientemente seppero con l’interpetrazione custodire sopra que’ popoli i quali (lo che era stato piú) avevan avuto la mente di ritruovarle. E, da quarantanni dopo essa legge venuta da Grecia oltramare — che i tarantini, greci d’Italia, non sapevano chi bisserò i romani e donde fussero venuti ad approdare a’ loro lidi (la qual ignoranza fu la cagione di quella guerra), — tanto, non solo per la Grecia oltramare, ma anco per l’Asia, era celebre la fama di Roma, che da Efeso (magnifica cittá capitale dell’Ionia, che fece pompa del tempio di Diana efesia, una delle sette maraviglie del mondo) Ermodoro, per consolarne l’esiglio, si eleggé Roma, che ancor non sapeva cosa fusse libero viver civile. A cui Eraclito, dal diserto dove se n’era ito a fare l’esiglio suo, per le poste per le quali aveva fatti tanti e sí lontani viaggi per tutta la terra Pittagora, scrive la ridevolissima lettera ad Ermodoro, la quale dagli eruditi si rapporta per uno de’ grandi elogi di lode dati alla legge delle XII Tavole, e con essolui si rallegra di avere sognato che tutte le nazioni del mondo venivano ad adorare le di lui leggi. La qual lettera è veramente un sogno, che rovina essi pareggiatori del diritto attico col romano che la rapportano, perché ella fa Ermodoro autore di quella legge, della quale fu traduttore; ch’è un’adulazione indegna di un tanto filosofo adirla e di un sí saggio e valoroso principe d’ascoltarla, i quali Strabone riputò tanto, che stima gli efesi tutti degni d’essere strozzati infin all’ultimo per aver dato l’esiglio a tal’uomini. Dipoi i pareggiatori, onde credono