Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. II, 1928 – BEIC 1964822.djvu/188

182 libro primo


lorata, come si vedrá, in questi libri), non sappiamo certamente qual via s’abbiano tutti i politici e tutt’i giureconsulti c’hanno scritto de iure publico da poterne uscir con onore; particolarmente con due luoghi, quanto per noi opportuni, tanto duri scogli ad essi da rompervi, entrambi di Cicerone. De’ quali uno è in una Catilinaria, dov’afferma che Tiberio Gracco con la legge agraria guastava lo stato della repubblica — [CMA3] lo che pur egli oratoriamente dice, spostandone il sentimento, ch’andava ben di séguito alla formola con la qual il consolo armava il popolo contro gli autori di cotal legge: «Qui rempublicam salvam velit, consulem sequatur» (quando sembra il senato turbar piú tosto lo Stato, che s’oppone al popolo, signore dell’imperio, che vuol disporre de’ campi da esso acquistati per forza d’armi nelle provincie) — [SN2] e che con ragione da Publio Scipione Nasica ne fu ammazzato. L’altro è nell’orazione a prò di Roscio Amerino, ove dice che Silla aveva iure gentium riportato vittoria di Mario.