Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/311


politica degli eroi 305


635Questi deon essere stati il toro con cui Giove rapisce Europa, il minotauro o toro di Minosse, con cui rapisce garzoni e fanciulle dalle marine dell’Attica (come restarono le vele dette «corna delle navi», ch’usò poi Virgilio); e i terrazzani spiegavano con tutta veritá divorarglisi il minotauro, ché vedevano con ispavento e dolore la nave ingoiarglisi. Cosi l’orca vuol divorare Andromeda incatenata alla rupe, per lo spavento divenuta di sasso (come restò a’ latini «terrore defixus», «divenuto immobile per lo spavento»); e ’l cavallo alato, con cui Perseo la libera, dev’essere stata altra nave da corso, siccome le vele restaron dette «ali delle navi». E Virgilio, con iscienza di quest’eroiche antichitá, parlando di Dedalo, che fu il ritruovator della nave, dice che vola con la macchina che chiama «alarum remigium»; e Dedalo pur ci fu narrato esser fratello di Teseo. Talché Teseo dee esser carattere di garzoni ateniesi, che, per la legge della forza fatta lor da Minosse, sono divorati dal di lui toro o nave da corso; al qual Arianna (l’arte marinaresca) insegna col filo (della navigazione) uscire dal labirinto di Dedalo (che, prima di questi, che sono ricercate delizie delle ville reali, dovett’esser il mar Egeo, per lo gran numero dell’isole che bagna e circonda), e, appresa l’arte da’ cretesi, abbandona Arianna e si torna con Fedra, di lei sorella (cioè con un’arte somigliante), e si uccide il minotauro e libera Atene della taglia crudele che l’aveva imposto Minosse (col darsi a far essi ateniesi i corsali). E cosí, qual Fedra sorella fu d’Arianna, tale Teseo fu fratello di Dedalo.

636Con l’occasione di queste cose, Plutarco nel Teseo dice che gli eroi si recavano a grande onore e si riputavano in pregio d’armi con l’esser chiamati «ladroni», siccome, a’ tempi barbari ritornati, quello di «corsale» era titolo riputato di signoria. D’intorno a’ quali tempi, venuto Solone, si dice aver permesso nelle sue leggi le societá per cagion di prede: tanto Solone ben intese questa nostra compiuta umanitá, nella quale costoro non godono del diritto natural delle genti! Ma quel che fa piú maraviglia è che Platone ed Aristotile posero il ladroneccio fralle spezie della caccia; e con tali e tanti filosofi d’una gente

G. B. Vico - Opere, IV-i. 20