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162 libro secondo - sezione seconda - capo secondo


III

407La sineddoche passò in trasporto poi con l’alzarsi i particolari agli universali o comporsi le parti con le altre con le quali facessero i lor intieri. Cosí «mortali» furono prima propiamente detti i soli uomini, che soli dovettero farsi sentire mortali. Il «capo», per l’«uomo» o per la «persona», ch’è tanto frequente in volgar latino, perché dentro le boscaglie vedevano di lontano il solo capo dell’uomo: la qual voce «uomo» è voce astratta, che comprende, come in un genere filosofico, il corpo e tutte le parti del corpo, la mente e tutte le facultá della mente, l’animo e tutti gli abiti dell’animo. Cosí dovette avvenire che «tignum» e «culmen» significarono con tutta propietá «travicello» e «paglia» nel tempo delle pagliare; poi, col lustro delle cittá, significarono tutta la materia e ’l compimento degli edifici. Cosí «tectum» per l’intiera «casa», perché a’ primi tempi bastava per casa un coverto. Cosí «puppis» per la «nave», che, alta, è la prima a vedersi da’ terrazzani; come a’ tempi barbari ritornati si disse una «vela» per una «nave». Cosí «mucro» per la «spada», perché questa è voce astratta e come in un genere comprende pomo, elsa, taglio e punta; ed essi sentirono la punta, che recava loro spavento. Cosí la materia per lo tutto formato, come il «ferro» per la «spada», perché non sapevano astrarre le forme dalla materia. Quel nastro di sineddoche e di metonimia:

Tertia messis erat

nacque senza dubbio da necessitá di natura, perché dovette correre assai piú di mille anni per nascere tralle nazioni questo vocabolo astronomico «anno»; siccome nel contado fiorentino tuttavia dicono «abbiamo tante volte mietuto» per dire «tanti anni». E quel gruppo di due sineddochi e d’una metonimia:

Post aliquot, mea regna videns, mirabor, aristas