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146 libro secondo - sezione prima - capo primo


ed astratta qual è questa or degli addottrinati, ma sentita ed immaginata quale dovett’essere di tai primi uomini, siccome quelli ch’erano di niuno raziocinio e tutti robusti sensi e vigorosissime fantasie, com’è stato nelle Degnitá stabilito. Questa fu la loro propia poesia, la qual in essi fu una facultá loro connaturale (perch’erano di tali sensi e di sí fatte fantasie naturalmente forniti), nata da ignoranza di cagioni, la qual fu loro madre di maraviglia di tutte le cose, che quelli, ignoranti di tutte le cose, fortemente ammiravano, come si è accennato nelle Degnitá. Tal poesia incominciò in essi divina, perché nello stesso tempo ch’essi immaginavano le cagioni delle cose che sentivano ed ammiravano, essere dèi, come nelle Degnitá il vedemmo con Lattanzio (ed ora il confermiamo con gli americani, i quali tutte le cose che superano la loro picciola capan4itá dicono esser dèi; quali aggiugniamo i Germani antichi, abitatori presso il Mar Agghiacciato, de’ quali Tacito narra che dicevano d’udire la notte il Sole, che dall’occidente passava per mare nell’oriente, ed affermavano di vedere gli dèi: le quali rozzissime e semplicissime nazioni ci danno ad intendere molto piú di questi autori della gentilitá, de’ quali ora qui si ragiona); nello stesso tempo, diciamo, alle cose ammirate davano l’essere di sostanze dalla propia lor idea, ch’è appunto la natura de’ fanciulli, che, come se n’è proposta una degnitá, osserviamo prendere tra mani cose inanimate e trastullarsi e favellarvi come fusser, quelle, persone vive.

376In cotal guisa i primi uomini delle nazioni gentili, come fanciulli del nascente gener umano, quali gli abbiamo pur nelle Degnitá divisato, dalla lor idea criavan essi le cose, ma con infinita differenza però dal criare che fa Iddio. Perocché Iddio, nel suo purissimo intendimento, conosce e, conoscendole, cria le cose; essi, per la loro robusta ignoranza, il facevano in forza d’una corpolentissima fantasia. E perch’era corpolentissima, il facevano con una maravigliosa sublimitá; tal e tanta che perturbava all’eccesso essi medesimi che fingendo le si creavano, onde furon detti «poeti», che lo stesso in greco suona che «criatori». Che sono gli tre lavori che deve fare la poesia