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esservi che detrattori ed invidiosi. Io senza lasciarmi imporre nè dal pubblico, nè dal fisco, e meno poi ancora dagli eccelsi decreti emanati dalla camera aulica e compagni, dirò quanto parmi che siavi di vero in quella storia. Gli azionisti riuniti dovevano scegliere fra la linea retta e la linea di Monza; ragione e buon volere verso Monza consigliava a non lasciar cadere quella strada, onde non recar danno ad una città piccola ma attiva e fiorente; la maggior spesa che presentava quella linea si poteva d’altronde ritener compensata dal vantaggio di passare per alcuni grossi borghi che s’incontrano su quella via, come Seregno, Paina, Meda, Cantù; ma se tali ragioni consigliavano azionisti liberi nella scelta a preferir Monza, più interessato e in ben altro grado era Eskeles ad essere moderato nelle sue pretese, mentr’egli non era libero, e la scelta della linea retta avrebbe rovinato interamente la sua strada di Monza. Delle due parti chi si trovava in miglior posizione erano gli azionisti di Como; ma non seppero e non vollero valersi del loro vantaggio, ed in luogo di porre come base delle trattative la dimanda del signor barone onde imporgli la discrezione,