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72 | VIAGGIO |
L’anima del pellegrino assetato nelle solitudini più arenose d’Arabia non si strugge per un bicchiere d’acqua di fonte, quanto allora la mia per moti gravi e posati; ed avrei fatto moltissima stima del postiglione, s’egli si fosse dileguato meco a passi quasi pensosi — invece, finito appena il piagnisteo del dolente, quel ghiottoncello lasciò andare un’inumana frustata all’uno e all’altro de’ suoi ronzini; e pigliò la mossa col fracasso di mille diavoli.
Io gli gridava a tutta voce: Per Dio! va’ più adagio — e tanto io più grido, e tanto più spietatamente ei galoppa — Il demonio sel porti, e gli cavalchi in groppa! diss’io — vedilo! costui andrà straziandomi i nervi a brani finchè m’abbia malamente cacciato in una collera matta; poscia se n’andrà a piè di piombo tanto ch’io possa assaporarmela a sorsi.
Il postiglione coglieva il punto a pennello: e mentre giungeva appiè di un’erta poco più d’un miglio fuor di Nampont — egli m’aveva già fatto entrare in collera contro di lui — e contro di me e della mia collera.
A questo mio nuovo stato bisognava cura diversa; e un buon galoppo fragoroso m’avrebbe ridata la vita —