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SENTIMENTALE 33

rosso; e per quali emozioni, chi sente — e non avrà di molti compagni, lo esplori — Perdoni, madama, diss’io, io l’ho trattato acerbissimamente — e non fui provocato — No, non può darsi, tornò a dir la signora. — Dio mio! sclamò il frate con tal fuoco d’asseveranza, che non pareva a lui proprio — la colpa era mia, e della indiscretezza del mio zelo — La gentildonna gli contradisse, ed io con lei; sostenendo ch’egli era impossibile che un animo sì ben composto potesse mai recar noja a veruno.

Io non sapeva che un’alterco potesse, com’io pur sentiva allora in me stesso, riescire sì soave e sì piacevole a’ nervi — Si restò taciti senza verun senso di quell’angustia scimunita che sottentra quando in un crocchio vi guardate per dieci minuti l’un l’altro in viso senza dirvi una sillaba. Strofinava frattanto il frate quella sua tabacchiera di corno sulla manica della sua tonaca; e come vide che avea acquistato certa apparenza più lucida — mi fece un’inchino profondo e disse: Ch’era omai tardi, nè si poteva dir per allora se più la debolezza che la bontà dell’indole nostra ci avesse involti in quella contesa — ma comunque si fosse — mi pregava che tra di noi cambiassimo tabacchiera — e parlando mi offeriva la sua