si faceva chiamare Didimo di nome, e chierico di cognome; ma gli rincresceva sentirsi dar dell’abate. Fuor dell’uso de’ preti, compiacevasi della compagnia degli uomini militari. Viaggiando perpetuamente, desinava a tavola rotonda con persone di varie nazioni; e se taluno (com’oggi s’usa) professavasi cosmopolita, egli si rizzava senz’altro. S’addomesticava alle prime; benchè con gli uomini cerimoniosi parlasse asciutto; ed a’ ricchi pareva altero; evitava le sette e le confraternite; e seppi che ricusò due patenti accademiche. Usava per lo più ne’ crocchi delle donne, per ch’ei le reputava più liberalmente dotate dalla natura di compassione e di pudore; due forze pacifiche le quali, diceva Didimo, temprano sole tutte le altre forze guerriere del genere umano. Era volentieri ascoltato, nè so dove trovasse materie, perchè alle volte chiacchierava per tutta una sera, senza dire parola di politica, di religione, o di amori altrui. Non interrogava mai per non indurre, diceva Didimo, le persone a dir la bugia: e alle interrogazioni rispondeva proverbi o guardava in viso chi gli parlava. Accoglieva lietissimo nelle sue stanze: al passeggio voleva andar solo, o parlava a persone che non aveva veduto mai, e che gli davano nell’idea: e