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A DIDIMO CHIERICO | 241 |
sotto il peristilio, e adorò. Poi volgendosi a me, mi diede intenzione che sarebbe andato alla questua a pecuniare tanto da erigere una chiesa al PARACLETO e riporvi le ossa di Torquato Tasso; purchè nessun sacerdote che insegnasse grammatica potesse ufficiarvi. Nel mese di giugno del 1804 pellegrinò da Ostenda sino a Montreuil per gli accampamenti italiani; ed a’ militari, che si dilettavano di ascoltarlo, diceva certe sue omelie all’improvviso, pigliando sempre per testo de’ versi dell’epistole d’Orazio. Richiesto da un ufficiale, perchè non citasse mai le odi di quel poeta, Didimo in risposta gli regalò la sua tabacchiera fregiata d’un mosaico d’egregio lavoro, dicendo: Fu fatto a Roma d’alcuni frammenti di pietre preziose dissotterrate in Lesbo.
X. Ma quantunque non parlasse che di poeti, Didimo scriveva in prosa perpetuamente; e se ne teneva. Scriveva anche arringhe, e faceva da difensore ufficioso a’ soldati colpevoli sottoposti a consigli di guerra; e se mai ne vedeva per le taverne, pagava loro da bere, e spiegava ad essi il Codice militare. Oltre ai tre manoscritti raccomandatimi, serbava parecchi suoi scartafacci; ma non mi lasciò leggere se non un solo capitolo di un suo Itinerario lungo la Repubblica Lettera-