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A DIDIMO CHIERICO 239

sizioni le quali aveano bisogno di dimostrazioni apparentemente evidenti ma sostanzialmente incerte, perchè le si fondavano spesso sopra un principio ideale: che la geometria, non applicabile alle Arti, era una galleria di scarne definizioni; e che, malgrado l’algebra, resterà scienza imperfetta e per lo più inutile finchè non sia conosciuto il sistema incomprensibile dell’Universo. Sosteneva che le arti possono più che le scienze far utile e più gradito il vero a’ mortali; e che la vera sapienza consiste nel giovarsi di quelle poche verità che sono certissime, perchè o sono dedotte da una serie lunga di fatti, o sono sì limpide che non hanno bisogno di dimostrazioni scientifiche. M’accorsi che leggeva quanti libri gli capitavano sott’occhio; ma non rileggeva da capo a fondo fuorchè la Bibbia. Degli autori ch’ei credeva degni d’essere studiati, aveva tratte parecchie pagine, e ricucitele in un solo grosso volume. Sapeva a memoria molti versi di antichi poeti e tutto il poema delle georgiche. Era devoto di Virgilio; nondimeno diceva: che s’era fatto prestare ogni cosa da Omero, dagli occhi in fuori, negati dalla natura ad Omero, e conceduti bellissimi e acuti a Virgilio. D’Omero aveva un busto e se lo trasportava di paese in paese. Cantava, e