V. Di questo libro, Didimo mi disse due cose, (da lui taciute, nè so perchè, nell’epistola a’ suoi lettori) le quali pur giovano a intendere un autore oscurissimo anche a’ suoi concittadini1, e a giudicare con equità de’ difetti del traduttore. La prima si è: «Che con nuova specie d’ironia, non epigrammatica, nè suasoria, ma candidamente ed affettuosamente storica, Yorick da’ fatti narrati in lode delle persone, deriva lo scherno contro molti difetti, segnatamente contro alla fatuità del loro carattere.» L’altra: «Che Didimo benchè scrivesse per ozio, rendeva conto a sè stesso d’ogni vocabolo; ed aveva tanto ribrezzo a correggere le cose una volta stampate (il che, secondo lui, era manifestissima irriverenza a’ lettori) che viaggiò in Fiandra a convivere con gli Inglesi, i quali vi si trovano anche al dì d’oggi, onde farsi spianare molti sensi intricati; e lungo il viaggio si soffermava per l’appunto negli alberghi di cui Yorick parla nel suo itinerario, e ne chiedeva notizie a’ vecchi che lo avevano conosciuto; poi si tornò a stare a dimora nel contado tra Firenze e Pistoja, a imparare migliore
- ↑ On the moral tendency of the writings of Sterne. Knox, Essays moral and literacy. Vol. III, N.° 145.