Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
soprarrivò la carrozza d’una signora con la sua cameriera.
L’ostessa senza star molto su i convenevoli, le condusse nella mia camera, ch’era a dir vero la sola di tutto quell’alberghetto nella quale si potesse dormire. Ed entrando diceva loro, che non v’era nessuno, fuorchè un gentiluomo inglese — ma che v’erano due buoni letti, ed un’altro nell’attiguo stanzino — e l’accento con che raccomandava il letto dello stanzino non pareva di buon augurio — comunque fosse, l’ostessa diceva che v’erano tre persone e tre letti — e si riprometteva che il signore non avrebbe guastate le cose — Per non dar tempo a’ disegni della signora, dichiarai, ch’io dal mio canto avrei fatto quel più ch’io poteva.
Il che non importava l’assoluta rinunzia della mia camera; anzi volli adempiere a’ doveri dell’ospitalità — e pregai la signora che s’accomodasse — e la ripregai finchè accettò la sedia prossima al fuoco — ordinai doppia legna — e mi raccomandai per cena più larga alla ostessa, e perchè ci favorisse una bottiglia del suo miglior vino.
La signora, rifocillatasi appena per cinque minuti, cominciò a torcere il collo, e riguardava i due letti; e di volta in volta i suoi sguardi tor-