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XLIV. | LE PATISSIER |
versailles
Nè fui a mezza via che mutai strada; e pensai, potrei pure, poichè ci sono, dare una scorsa a Versailles. E tirando il cordone, dissi al cocchiere, che andasse attorno per le vie principali, da che mi pareva che la città non fosse assai grande — Il cocchiere mi domandò scusa se per mio lume diceva, che anzi la città era magnifica, e che molti de’ primi duchi, marchesi, e conti v’avevano des hôtels — Il conte de B***, del quale la sera innanzi il librajo m’aveva sì favorevolmente parlato, mi venne subito in mente — E perchè non andremo, mi disse il cuore, dal conte de B** che ha in tanto concetto i libri inglesi e gli inglesi? — gli dirò il caso mio. Così mutai strada due volte; anzi tre: perch’io m’era obbligato per quel giorno con madame de R** rue de SS. Pères; e le aveva fatto divotamente significare dalla sua fille-de-chambre ch’io la visiterei domattina senz’altro — ma le circostanze mi governano — nè io so governarle — Vidi frattanto a capo della via un uomo ritto davanti a un canestro che vendeva non so che; e vi mandai La Fleur acciocchè s’informasse dell’hôtel del conte de B***.