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VIAGGIO
 


— non voce d’amico non di congiunto risuonò mai fra quelle ferriate — i suoi figli —

— Qui il mio cuore grondò sangue — e ritrassi gli occhi gemendo all’altra parte del quadro.

Sedeva per terra nel fondo della sua carcere sopra un fascio di paglia che gli era or letto ed or sedia: a capo al letto giacerà un piccolo calendario di stecchi intagliati tutti degli amari giorni e delle amare notti perdute nella solitudine delle catene — e aveva tra le mani uno stecco, e con un chiodo ruggine v’intagliava un altro giorno di lagrime da aggiungervi al cumulo. Io gli ombrava quel po’ di barlume che gli giungeva, ond’ei girò l’occhio nudo di speranza alla porta; poi l’abbassò; crollò il capo, e continuò il suo lavoro d’afflizione. Si voltò col corpo a riporre nella serie il suo stecco, ed io udii stridergli le catene tra’ piedi — sospirò dalle viscere — vidi il ferro piantarglisi nell’anima — le lagrime m’innondavano gli occhi — nè io poteva più omai sostenere l’immagine del carcerato dipinta dalla mia fantasia — Mi scossi dalla sedia; chiamai La Fleur. Fammi allestire una remise1, gli diss’io; e ch’io

  1. Carrozza da nolo meno ignobile de’ fiacres esclusi da’ cortili de’ grandi: vedi la nota al cap. lx.