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gli occhi, e riparare almeno così alla mia colpa. Ed ella si guardò dietro, e riguardò; e se n’andava rasente il muro, come per dar luogo a taluno che saliva le scale — Oibò, dissi — questa è traduzione plebea1; posso far ammenda migliore, e la marchesina può giustamente pretenderla, e però m’apre quest’adito — onde raggiungendola la supplicai che mi perdonasse e credesse ch’io non tendeva che a cederle il passo — Ed io a lei, rispos’ella — e ci siamo ringraziati scambievolmente. Stava in cima alla scala; e non vedendole intorno verun cicisbeo2, la pregai

  1. Ecco uno de’ due luoghi emendati di cui si è parlato nell’avvertimento ai lettori. Il testo ha: that’s a vile translation: e Didimo scrisse: questa è traduzione salviniana; scusandosi con la seguente postilla: «Quest’aggiunto, benchè nuovo, è tutto italiano, e calzante e pieno di verità e necessario; e quand’anche Yorick non avesse avuto in mente il Salvini, egli ad ogni modo intendeva di parlare di quella specie di traduzioni. Ed ho per discolpa di sì fatti anacronismi l’esempio d’un’eruditissima traduzione moderna d’una commedia latina scritta parecchie decine d’anni prima del simbolo degli apostoli, nella quale il traduttore, uomo dottissimo della lingua nostra, fa dire a un pagano: Torno tra due credi.
  2. De’ cicisbei si va perdendo la razza: erano e sono nè amanti, nè amici, nè servi, nè mariti; bensì individui mirabilmente composti di qualità negati-