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co, nomi di antiche Deità propizie. Buklia è il coppiere della brigata, così per viaggio, come a tavola. Questi ufizj sono duplicati, e triplicati a tenore del bisogno nelle compagnie numerose.

Il pranzo del primo giorno si fa talora in casa della Sposa, ma per lo più dallo Sposo, all’albergo del quale s’avviano gli Svati dopo la benedizione nuziale. Tre o quattro uomini a piedi precedono la comitiva correndo, e il più veloce di essi à per premio una Mahrama, spezie d’asciuttamani ricamato alle due estremità. Il Domachin, o sia capo di casa, va incontro alla Nuora; prima ch’ella scenda di sella le vien dato un bambino da accarezzare, che si prende ad imprestito dai vicini, se non ve ne fossero in famiglia. Scesa ch’ella è, prima d’entrare in casa s’inginocchia, e bacia la soglia della porta. La Suocera, o in mancanza di questa qualche altra femmina del parentado le presenta un vaglio pieno di varie spezie di grani, e frutta minori, come nocciuole, e mandorle, ch’essa dee spargere sopra gli Svati, gettandosene a manate dietro le spalle. In quel giorno la Sposa non pranza alla tavola de’ parenti; ma ad una mensa appartata co’ due Diveri, e lo Stacheo. Lo Sposo siede alla tavola degli Svati: ma egli non dee per tutto quel dì unicamente consagrato all’unione matrimoniale sciogliere, nè tagliare cos’alcuna. Il Kuum trincia per lui le carni, e ’l pane. Tocca al Domachin il far le disfide del bere; il primo a rispondervi è pella dignità sua lo Stari-Svat. Pell’ordinario il giro della Bukkàra, ch’è un gran bicchiere di legno capacissimo, incomincia religiosamente da un brindisi al Santo Protettore della famiglia, alla Prosperità della Santa Fede, o d’altro nome ancora più d’ogni altro sublime, e venerabile. L’abbondanza più strabocchevole regna in questi conviti, ai quali