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non tanto sicuro quanto bello da vedersi. I Porti sono moltiplicati ne’ contorni della Città, e facilitano il commercio della parte migliore dell’Isola girandone l’estremità, che guarda fra Ponente, e Tramontana.

La Città d’Arbe siede su d’una collina allungata fra due Porti, che ne formano una Penisola, e raccoglie intorno a mille abitanti, fra’ quali molte famiglie riguardevoli pella loro nobiltà, e poche notabili pelle loro finanze. Le principali sono i De Dominis da’ quali uscì il celebre Arcivescovo di Spalatro Marc’Antonio, i Galzigna, i Nemira, ch’ebbero nel XV secolo un Antonio lodato da Palladio Fosco come dottissimo delle Matematiche imparate da lui senza maestro, gli Spalatini che ricevono adesso un nuovo lustro da Monsignor Vescovo di Corzola rispettabile pell’aureo costume, non meno che pel suo sapere, e i Zudenighi.

Fra le cose loro più illustri vantano gli Arbegiani molte insigni Reliquie, e nominatamente il Capo di S. Cristofano, Protettore dell’Isola; ma gli Amatori dell’Antichità Sacra troveranno ben più singolari le tre teste de’ fanciulli Sidrach, Misach, e Abdenago, che vi si venerano con molta divozione. Il Santuario è gelosamente custodito da quattro de’ principali Gentiluomini, alla cura de’ quali sono anche raccomandati i preziosi antichi documenti della Città. Fra questi è una transazione del MXVIII, con cui la Città d’Arbe promette al Doge di Venezia Ottone Orseolo un tributo d’alcune libbre de seta serica, e al caso di contravvenzione libbre de auro obrizo.

V’ebbe nella passata età un dotto Vescovo d’Arbe, che chiamavasi Ottavio Spaderi, a cui venne in capo di non voler permettere che fossero esposte alla pubblica venerazione nella solenne giornata di S.